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Leggibilità tipografica e dislessia

Esiste un carattere tipografico che aiuta i dislessici a leggere?

L’accesso alla conoscenza è un diritto inalienabile, eppure ci sono quasi 200.000 studenti nelle scuole italiane per cui leggere un testo è problematico (dati MIUR, dal documento “L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità a.s. 2014/2015”). Il carattere tipografico sembra essere il primo ostacolo che si incontra. Editori, studenti, genitori e soprattutto potenziali lettori si chiedono se sia possibile superare questo ostacolo.

In questo contesto alcuni editori hanno cominciato a chiederci di utilizzare nei progetti grafici caratteri tipografici per facilitare la lettura del testo ai dislessici. Ci siamo documentati sui caratteri che vengono normalmente proposti e abbiamo indagato su quali basi si affermi la loro efficacia.

Abbiamo scoperto che i caratteri tipografici per dislessici sono tanti, hanno caratteristiche molto diverse e soprattutto non sono supportati da test e documentazioni adeguate.

«Il grafico di fronte al pubblico ha una grande responsabilità. Il grafico che si rispetti deve ritirarsi quando capisce che il prodotto è scadente. Può influire negativamente sullo sviluppo di un bambino, per esempio, o sullo sviluppo culturale della gente. Il progettista grafico dev’essere sempre più orientato scientificamente, non è un venditore di fumo. La sua è una vera specializzazione». Albe Steiner, Il mestiere di grafico, Einaudi, Torino 1978.

È nata così questa ricerca, che abbiamo promosso e coordinato e che ha visto il coinvolgimento dell’ISIA, Istituto Superiore Industrie Artistiche di Urbino, e del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste. Infine Zanichelli editore, che si è dimostrato tanto interessato e curioso da supportare la ricerca.

Luciano Perondi, progettista di caratteri tipografici e docente dell’ISIA, ha coordinato il team per il disegno dei caratteri tipografici con cui sono state fatte le prove di lettura. Walter Gerbino, professore di psicologia dell’Università di Trieste, ha coordinato il team per il progetto sperimentale e i test cognitivi, composto dal Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, dall’IRCCS materno infantile Burlo Garofalo e dall’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR.

Diverse abilità di lettura o dislessia?

Walter Gerbino ci ha subito illustrato la difficoltà nel definire il campo di indagine: «Quando si parla di dislessia quasi sempre ci si riferisce alla “dislessia evolutiva” (developmental dyslexia, DD), definita come un disturbo specifico dell’apprendimento del linguaggio scritto attribuibile a un anomalo sviluppo di una o più funzioni neuropsicologiche coinvolte nei processi di lettura. L’utilizzo diffuso di tale etichetta non è universalmente condiviso, come testimonia il saggio di Elliott e Grigorenko intitolato The Dyslexia Debate (Cambridge, 2014). Il saggio fa riferimento tra l’altro a un possibile “mito diagnostico”, cui potrebbe essere contrapposta – più semplicemente – l’idea che le abilità di lettura si distribuiscono normalmente nella popolazione, dando luogo a una coda di cattivi lettori impropriamente qualificabili come portatori di un disturbo specifico.»

A noi interessa capire se è possibile decidere con cognizione che carattere utilizzare per facilitare la lettura alla “coda di cattivi lettori”.

Molte opinioni e poche certezze

Il carattere tipografico viene spesso considerato il primo ostacolo che i lettori dislessici devono superare per la decifrazione delle lettere. Altre variabili tipografiche come lo spazio tra lettere, parole e righe di testo o il numero di parole per riga non vengono prese in considerazione.

Il carattere tipografico si assume da solo l’onere di aiutare o allontanare il lettore.

Tanta responsabilità merita di essere indagata, per scoprire se esistono reali benefici legati all’utilizzo di una specifica font e capire su quali variabili visive del carattere sarebbe opportuno intervenire per migliorare le prestazioni di lettura.

Nella letteratura sono poche le ricerche condotte isolando le variabili tipografiche che influenzano il processo di lettura, soprattutto per quanto riguarda i dislessici.

In generale, abbiamo osservato che alcune delle ricerche analizzate e dei progetti di caratteri per dislessia mancano o di nozioni tipografiche o di una corretta impostazione scientifica.

I problemi più spesso riscontrati comprendono:

  • confronti effettuati tra caratteri diversi con il medesimo corpo, ma con evidente disomogeneità percettiva;
  • introduzione di variabili visive non legate al disegno del carattere (come interlinea, spaziatura, sillabazione, numero di battute);
  • assenza di distinzione tra preferenze espresse a colpo d’occhio, prestazioni di lettura ad alta voce e comprensione lessicale.

Queste carenze vanificano la misura delle prestazioni di lettura, in quanto non è possibile risalire alla variabile che ne ha causato la differenza. Da qui abbiamo mosso i primi passi, costruendo un gruppo di lavoro con competenze tipografiche, editoriali e di studio delle neuroscienze cognitive.

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Da sinistra a destra: confronto tra caratteri diversi con corpi uguali, testo con sillabazione e testo senza sillabazione, righe con numero di battute molto diverso. L’introduzione di variabili visive legate non esclusivamente al carattere tipografico ne vanificano la sua valutazione.

Quali caratteri analizzare

La quantità di caratteri esistenti è enorme, impossibile analizzarli e confrontarli tutti. Ma le tipologie sono limitate, e sono basate su modelli e variabili tipografiche ricorrenti e isolabili. Si è dunque deciso di fare una selezione per arrivare a un numero ridotto di esemplari, scelti tra i più diffusi e i più comunemente consigliati per i dislessici.

Sette sono le tipologie di caratteri selezionate per i test: con le grazie, con le grazie e le ascendenti lunghe, monolineare con le grazie, monolineare tondo, monolineare squadrato, alta leggibilità e dyslexic font.

La selezione dei caratteri da proporre nei test di lettura si è basata su due diversi macro gruppi: caratteri molto diffusi nell’editoria (come Times, Garamond, Verdana, Arial e Helvetica) e caratteri disegnati e proposti espressamente per dislessici (come Bianconero, EasyReading, OpenDyslexic e Dyslexie font), comunemente proposti con la dicitura “alta leggibilità”.

Le caratteristiche evidenziate come “appositamente per dislessici” sono solitamente legate all’assimetria delle lettere, anche se questa caratteristica fu smentita già da ricerche degli anni Settanta (Fisher, Liberman, Shankweiler, 1978). L’asimmetria generalmente riguarda la distribuzione del peso (come è stato utilizzato nel carattere F7 disegnato appositamente per le prove di lettura) o una asimmetria nel disegno di determinate lettere, più precisamente dei gruppi ‘1’ ‘I’ ‘L’ , ‘p’ ‘b’ ‘q’ e ‘d’ (cfr. carattere F2).

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Esempi di caratteri utilizzati in editoria (A, Times; B, Arial; C, Verdana) e caratteri disegnati per dislessici: D, EasyReading; E, Biancoenero; F, OpenDyslexic; G, Dyslexie font. Comparare testi composti con questi caratteri, impiegati con il medesimo corpo, significa confrontare testi molto differenti per peso visivo, dimensione e numero di battute.

Come confrontare i caratteri?

Il confronto tra caratteri appartenenti a famiglie diverse ha delle criticità intrinseche che derivano dal disegno del carattere. Per esempio, a parità di corpo, due testi composti con caratteri che hanno altezze dell’occhio diverse (l’altezza della lettera ‘x’ minuscola) saranno percepiti diversamente da un lettore a causa della dimensione visiva determinata dall’altezza dell’occhio.

Per comprendere quali sono le forme dei caratteri che avvantaggiano la lettura le interferenze dovute a variabili esterne devono assolutamente essere evitate. Quindi non solo l’altezza dell’occhio ma anche peso visivo, proporzioni, larghezza e stile delle forme delle lettere non devono cambiare.

Questa delicata operazione è stata portata avanti da Luciano Perondi, che ha coordinato il team di type designer dell’ISIA di Urbino per sviluppare una font parametrica: un sistema per poter generare font diverse partendo da un unico disegno iniziale. Sono state così disegnate 7 font con caratteristiche diverse ma con la stessa struttura di base (ogni lettera ha lo stesso scheletro in tutte le font) e lo stesso peso visivo (da ogni font si percepisce lo stesso ‘colore’ sulla pagina). Il disegno del carattere iniziale è basato sul Times New Roman—probabilmente uno dei caratteri con cui la maggior parte delle persone ha letto di più.

Infatti la prima font, F1, corrisponde a un carattere graziato contrastato (possiede tratti spessi e tratti fini), un clone del Times. F2 è un carattere graziato contrastato dyslexic-friendly (fondamentalmente simile a F1 ma con differenze nella forma di alcune lettere, seguendo le caratteristiche delle font distribuite sul mercato come “per dislessici”). F3  è un carattere graziato senza contrasto: una versione monolineare di F1. F4 è un tondo senza grazie, in altre parole è come F3 ma senza grazie. F5 è un carattere squadrato senza grazie, quindi simile a F4 ma con curve evidentemente squadrate. F6 corrisponde a F1 con ascendenti e discendenti accentuate. Infine F7 è un tondo senza grazie con contrasto sbilanciato: è come F4 ma con contrasto più pronunciato nella parte alta delle lettere.

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I sette caratteri disegnati dal team dell’ISIA di Urbino utilizzati per effetuare i test. F1, carattere graziato contrastato; F2, carattere graziato contrastato dyslexic-friendly; F3, carattere graziato senza contrasto; F4, tondo senza grazie; F5, squadrato senza grazie; F6, carattere graziato con ascendenti e discendenti accentuate; F7, tondo senza grazie con contrasto sbilanciato

Il progetto sperimentale

Il progetto per la realizzazione dei test cognitivi è stato sviluppato e condotto dal team di Trieste, coordinato dal professor Walter Gerbino.

Gli obiettivi sono stati:

  • confrontare le font in base alla facilità di lettura percepita;
  • valutare l’effetto della facilità percepita delle font su varie prestazioni connesse con la lettura;
  • rilevare eventuali differenze fra i tre campioni di partecipanti.

Le prove sono state somministrate a tre campioni:

  1. 31 normolettori di età compresa tra 19 e 33 anni;
  2. 14 partecipanti con diagnosi di DD di età compresa tra 17 e 25 anni;
  3. 15 partecipanti con diagnosi di DD di età compresa tra 11 e 14 anni.

I diversi materiali sperimentali sono stati accuratamente preparati in modo da risultare equivalenti sia dal punto di vista psicolinguistico che di composizione della pagina, per isolare più efficacemente le variabili tipografiche.

Nel novembre 2014 il progetto ha ottenuto il parere favorevole del Comitato Etico dell’Università di Trieste, relativamente alla raccolta dati su studenti universitari e giovani adulti, con DD e normolettori. Analogo parere favorevole, riferito alla ricerca su ragazze/i di 11-14 anni, è stato ottenuto nel settembre 2015 dal Comitato Etico dell’IRCCS Burlo Garofolo.

Le prove di lettura

Sono state costruite 4 prove, somministrate a tutti i partecipanti nella stessa sequenza, nell’ambito di una sessione di massimo 40 minuti.

Prova 1. Facilità di lettura valutata a prima vista, senza leggere il testo

A ciascun partecipante sono state presentate 7 versioni dello stesso brano, composti con le 7 font definite nella prima parte della ricerca. La richiesta era di disporre i fogli sul tavolo sulla base della facilità di lettura, valutata a prima vista, senza leggere il testo. Per ogni partecipante si sono così determinate le due font ritenute a colpo d’occhio M e P.

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Grafico dei risultati della prima prova. Il grafico illustra la posizione relativa delle 7 font nei tre campioni. I valori che esprimono la posizione relativa (in ordinata) sono riscalati in modo da far corrispondere il valore centrale allo zero. La distanza dal punto di neutralità è una trasformazione della frequenza con cui ciascuna font è stata collocata nelle diverse posizioni da ciascun campione.

Alla font monolineare non squadrata (modello Arial, Helvetica, Verdana) è stata attribuita una buona “facilità di lettura”.
Alla font asimmetrica sans (modello OpenDyslexic, Dyslexie font) è stata attribuita dai normolettori una pessima “facilità di lettura”, mentre dai ragazzi con dislessia una sufficiente “facilità di lettura”, comunque inferiore alla font monolineare sans.
Per le quattro font graziate la “facilità di lettura” cresce uniformemente man mano che cresce l’età e l’esperienza di lettura.

Prova 2. Lettura ad alta voce

A ciascun partecipante è stato chiesto di leggere ad alta voce, uno dopo l’altro, 4 brani, composti con le font M e P (scelte nella prova 1) con spaziatura standard e con spaziatura aumentata del 15%. Ogni brano era diverso, ma equivalente per lunghezza e numero di sillabe. Sono stati registrati il numero di parole errate e il tempo di lettura.

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Grafico dei risultati della seconda prova. Il grafico illustra la prestazione dei tre campioni nello spazio definito dalla font P in ascissa e dalla font M in ordinata. La diagonale maggiore è il luogo dei punti in cui la prestazione non è influenzata dalla font. Su entrambi gli assi i valori rappresentano l’efficienza della prestazione, espressa come velocità di lettura ad alta voce senza errori: E= p(corrette) x sillabe/s.

La prestazione di lettura ad alta voce è indifferente alla font utilizzata (M o P). Anche l’aumento della spaziatura del 15% tra lettere e tra parole mantenendo costante il numero di caratteri per riga non produce nessun vantaggio.

Prova 3.1. Decisione lessicale

Ciascun partecipante doveva riconoscere e barrare le parole della lingua italiana composte con le font M e P. Ogni test conteneva 24 parole e 24 pseudoparole, derivate dalla sostituzione di una o due lettere in una parola.

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Grafico dei risultati della terza prova (prima parte). Il grafico mostra l’efficienza nella decisione lessicale (item corretti/s) per ogni partecipante nello spazio definito dalla font P in ascissa e dalla font M in ordinata.

Il test ha rivelato un risultato inatteso. Si è infatti registrato un vantaggio globale (indipendente dall’abilità di lettura) per le font che i partecipanti hanno selezionato come P per la prova 1. L’effetto – di piccola entità ma sistematico – potrebbe essere attribuito alle caratteristiche maggiormente “attivanti” della font P, indipendentemente dalla piacevolezza che probabilmente domina la scelta della prova 1.

Prova 3.2. Confronto di stringhe

La prova 3.2 è stata concepita per valutare la suscettibilità all’interferenza esercitata su ciascuna lettera dalle lettere vicine (crowding). Il partecipante doveva confrontare coppie di stringhe di 7 lettere in cui una sola lettera era diversa e barrare le coppie uguali.

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Grafico dei risultati della terza prova (seconda parte). Il grafico mostra l’efficienza (prodotto di velocità, in item/s, e A, misura non parametrica della sensibilità) nel confronto di stringhe nei tre campioni, in funzione del font utilizzato per stampare il materiale. 

La font selezionata come migliore nella prova 1 contrasta un po’ meglio il crowding nelle stringhe con pochi gruppi sillabici.

Conclusioni

Complessivamente le 4 prove hanno evidenziato differenze significative fra i tre campioni nelle prestazioni connesse con la lettura. I dati raccolti finora consentono di trarre alcune indicazioni interessanti.

Una font scelta a colpo d’occhio (senza leggere il testo) per la sua presunta facilità di lettura non garantisce una migliore prestazione di lettura.
Nella lettura ad alta voce i dislessici non hanno mostrato differenze nelle prestazioni di lettura tra font considerate a colpo d’occhio migliori, peggiori e spaziatura aumentata.
Nella decisione lessicale (riconoscimento delle parole) le font selezionate a colpo d’occhio come peggiori hanno ottenuto prestazioni di lettura leggermente migliori.
Il crowding può essere contrastato dalla font selezionata a colpo d’occhio come migliore.

Per il design tipografico

Rispetto all’obiettivo della ricerca, nata per individuare le caratteristiche di un carattere per aiutare i dislessici, non sono emersi dati oggettivi e chiari che possano spingere verso l’adozione di un particolare carattere tipografico.

Si potrebbe azzardare che per ogni compito specifico (lettura ad alta voce, crowding, decisione lessicale) esista un particolare disegno del carattere che lo facilita. Ma la lettura è un’esperienza complessa, in cui diverse abilità si compensano e si completano per superare compiti diversi.

Forse sono proprio queste diverse abilità di lettura che vanno accolte e stimolate, attraverso una proposta tipografica che non può risolversi con l’adozione di un unico carattere.

Così la tipografia potrà dare il suo piccolo contributo alla riduzione di quella “coda di cattivi lettori impropriamente qualificabili come portatori di un disturbo specifico”.

Beppe Chia
 

Lo studio delle problematiche legate al design grafico degli strumenti che garantiscono l’accesso alla conoscenza è uno dei canali di ricerca e sviluppo di Chialab. La ricerca su tipografia e dislessia prosegue sugli strumenti digitali che aiutano la lettura come text-to-speech, e-book reader e controllo tipografico.

Alla ricerca “Leggibilità tipografica e dislessia” hanno contribuito
Beppe Chia, Chialab
Luciano Perondi, ISIA Urbino
Roberto Arista, ISIA Urbino
Giovanni Pignoni, ISIA Urbino
Giammarco Gaudenzi, ISIA Urbino
Walter Gerbino, Dipartimento Scienze della Vita – Università di Trieste
Cristina Burani, ISTC-CNR
Chiara Barbiero, Dipartimento Scienze della Vita – Università di Trieste
Paolo Bernardis, Dipartimento Scienze della Vita – Università di Trieste

Contatti
Beppe Chia beppe.chia@chialab.it
Walter Gerbino gerbino@units.it
Luciano Perondi luciano.perondi@isiaurbino.net

La ricerca completa (Tipografia parametrica
e Developmental Dyslexia) è stata pubblicata su MD Journal. È possibile scaricare il PDF.

Percezione, Azione, Attenzione e Comunicazione (Dipartimento Scienze della Vita – Università di Trieste)