Per chi Aumentiamo la Realtà?
Una riflessione sulle numerose applicazioni in Realtà Aumentata e il loro reale impatto sugli utenti.
Lo stato dell’ARte
Sono uno sviluppatore WebXR. Significa che lavoro con tecnologie Web, nel campo della Realtà Aumentata e Virtuale (XR sta per AR + VR, una sigla per comprendere entrambi i mondi). Mantengo progetti, risolvo bug, cerco di capire quali sono i trend del mercato e di anticiparli, per implementare feature che gli utenti possano apprezzare.
Questo mi porta ogni giorno a ‘navigare’ parecchio su Twitter, per tenermi aggiornato. E quello che trovo sono un numero spropositato di Tweet sulla Realtà Aumentata (d’ora in poi, ‘AR’). I trend che emergono, sono all’incirca sempre gli stessi:
- c’è grande fermento per ogni miglioramento delle tecnologie di AR
- si trovano ogni giorno un gran numero di progetti ‘showcase’ creati appositamente (e soltanto) per mostrare gli ultimi miglioramenti tecnologici
- si trovano ben poche applicazioni concrete, professionali, curate, e nello specifico: utili.
Solo un problema della Realtà Aumentata?
Mi sono posto questa domanda e credo si tratti di un discorso più generale. Personalmente frequento community legate all’AR, posso quindi parlare in prima persona di queste, ma mi è sembrato di capire che più la tecnologia stupisce e attrae l’utente in maniera immediata, più essa viene utilizzata in questo modo. Ogni progresso tecnologico viene sfruttato per stupire e attirare gli utenti, difficilmente gli sviluppatori indagano sulle possibilità di un utilizzo realmente utile. Perché? Forse perché gli sviluppatori non hanno un approccio “User-centered design”, predomina l’uso edonistico del controllo di una tecnologia mentre vengono tralasciati i contesti d’uso e i bisogni degli utenti. È un’ipotesi.
Per pensare di progettare applicazioni utili, bisogna vedere la Realtà Aumentata non soltanto come una tecnologia, ma come un nuovo mezzo di comunicazione. Se utilizzata in un contesto progettato adeguatamente per risolvere dei casi d’uso specifici, il contenuto, mostrato in maniera situata (‘aumentato’), può essere percepito in maniera efficace dagli utenti.
L’AR sta avendo, anche se in mercati di nicchia, un forte impatto nell’educazione, nel mentoring e nella formazione tecnica (in particolare in ambito medico). Il contenuto ‘aumentato’ è spesso più coinvolgente, e per certi oggetti multimediali, come grafi e modellistica, la migliore fruizione si ha in ambiente tridimensionale, che è ben supportato dalle tecnologie AR. È addirittura possibile rendere il contenuto della realtà che ci circonda più accessibile, aumentandolo.
Realtà Aumentata per l’utente: alcuni esempi di successo
Quelli che seguono sono alcuni esempi di applicazioni AR, progettate cercando di tenere al centro gli utenti, i loro bisogni e le modalità di fruizione del contenuto:
- AR Aid Application: un’applicazione pensata per mostrare, nei pressi dell’utente, animali e/o oggetti, per creare situazioni in cui affrontare gradualmente specifiche fobie https://www.youtube.com/watch?v=OhK4rkRQ67M&feature=youtu.be
- Leitura Dinamica: libro con Realtà Aumentata, che mostra il linguaggio dei segni per rendere accessibile il libro cartaceo (https://www.behance.net/gallery/92599863/UXUI-Design-Leitura-Dinamica)
- Teach Maths to Children, un’applicazione per insegnare la matematica, utilizzata con bambini affetti da disturbi mentali (http://worldinar.eu/). I numerosi effetti sonori fungono da riconoscimento in caso di successo, stimolando i bambini
- Engaging Storytelling, racconto coinvolgente e situato di storie, per intrattenimento e far sentire meno soli gli utenti, molto utile in questo particolare periodo (https://twitter.com/potatoandy/status/1225732409435422720)
- AR Makr (Line Break, USA): un’app che permette di disegnare e stimolare la creatività, per bambini ma anche adulti, un sistema intuitivo per storytelling interattivo e personale (https://apps.apple.com/us/app/ar-makr/id1434081130), fra i partecipanti del BolognaRagazzi Digital Award, BCBF 2020
- Wonderscope (Preloaded, Beth Garrod): un’app che invita i bambini a leggere ad alta voce delle storie, esplorare situazioni e mondi che prendono vita nel loro spazio. L’idea è di stimolare la fantasia e la creatività in maniera coinvolgente (https://preloaded.com/work/within-stunts/). Fra i vincitori della BolognaRagazzi Digital Award, BCBF 2019.
Ringrazio gli autori di questi lavori, ci tengo a precisare che non detengo nessun diritto su di essi, e che sono pubblicamente disponibili. Cosa impariamo da questi esempi? A me viene in mente un’unica, fondamentale regola.
Partire dagli utenti
Non si può pensare di realizzare un prodotto socialmente utile, in questo caso un’applicazione di AR, se non si pone l’utente come punto di partenza della progettazione.
Ciò significa indagare, analizzare, per cercare di capire i loro bisogni, più o meno esplicitamente espressi. Come progettisti, possiamo esplorare il Web, i social, le community. Possiamo parlare con gli utenti. Non dobbiamo per forza agire in maniera proattiva, spesso certi bisogni appaiono naturalmente mentre leggiamo dei commenti su un prodotto, delle recensioni, oppure dei pareri in un forum. Se ci approcciamo alla lettura e all’esplorazione con una mentalità incline all’aiuto, mi permetterei di dire più empatica, il nostro cervello inizierà a notare certi bisogni. E quando uno sviluppatore o un designer elabora un bisogno, è già a metà strada nel trovare la soluzione al problema.
Le tecnologie di AR, sia nel Web che in ambito mobile/desktop, iniziano ad essere sufficientemente mature per realizzare la maggior parte delle richieste che emergono. La parte più difficile non è l’aspetto tecnico, bensì la progettazione, l’individuazione dei bisogni degli utenti.
Una volta fatto ciò, la strada è in discesa. Gli utenti sono inclini, in genere, a collaborare, a testare prodotti pensati per loro. Coinvolgere attivamente gli utenti è sempre fonte di un guadagno bilaterale in termini di risorse risparmiate e qualità del prodotto finale. Nelle prime fasi progettuali, possono essere coinvolti con questionari e interviste per individuare gli use-case di un prodotto o di un servizio: in questo modo si può creare un MVP (prototipo con requisiti “minimi” che abbia un valore funzionale per l’utente) che comprenda tutte le funzionalità che la maggioranza degli utenti ha evidenziato come fondamentali, per svolgere determinate operazioni e risolvere specifici bisogni.
In fase di realizzazione, possono essere coinvolti, se si lavora con un approccio Agile, in maniera iterativa durante cicli di lavorazioni, al termine dei quali possono fungere da tester: i loro feedback sono importanti per capire se gli aspetti funzionali vengono sviluppati in modo utile per l’utente. Questo aiuta gli sviluppatori a non concentrarsi troppo sugli aspetti tecnologici ma a tenere sempre bene a mente che i servizi sono pensati per l’utente, e perdono di efficacia se ci si concentra troppo sulle tecnologie, a scapito delle funzionalità nonché dell’esperienza d’uso.
Esplorare
Il mio consiglio è quello di non fermarsi mai agli aspetti attrattivi e immediati di una certa tecnologia. L’AR in particolare, è un mezzo di comunicazione che a primo impatto può sembrare limitato (e limitante), e questa convinzione generale è comprensibile: per anni tale tecnologia è stata usata come specchietto per le allodole per qualcos’altro, un prodotto piuttosto che un nuovo servizio. Come mezzo pubblicitario, per un brand o per sé stessi, per mettere in mostra in maniera eclatante le proprie capacità tecniche.
Se si scava più a fondo, si possono trovare applicazioni, come quelle citate poc’anzi, davvero utili per tante persone, abilitanti un contenuto prima precluso. O anche mettere in condizione di vederlo con uno sguardo diverso, più coinvolto ed interessato.
Questo ‘potere’ può e deve essere sfruttato meglio, e dobbiamo essere noi, i progettisti di oggi, a doverne capire le potenzialità e a cominciare ad usarlo sempre più per aiutare gli altri, piuttosto che noi stessi.